Protesto
Quando, per qualsiasi motivo, non si riesce ad onorare un titolo di credito, ecco che si va incontro a un protesto. Si tratta, in pratica, dell’atto pubblico formale con cui un notaio, un ufficiale giudiziario o un segretario comunale dichiara il mancato pagamento dei titoli di credito, ovvero dei documenti che attestano la promessa di effettuare il pagamento a favore del soggetto ricevente. Esistono principalmente tre diverse tipologie di titoli di credito utilizzabili per i pagamenti: vaglia, assegno (circolare, postale o bancario) e cambiale. Il protesto è, quindi, un atto finalizzato alla riscossione di un mancato pagamento mediante cambiali o assegno. Chi lo riceve, ovvero il protestato, deve sapere che non potrà di norma ottenere in futuro un prestito personale, fintanto che non procederà alla cancellazione protesto.
Come funziona il protesto?
Premesso che, per protesto si intende un documento che certifica il mancato pagamento di una cambiale o di un assegno, è bene chiarire nel dettaglio funzionamento e termini. Il creditore (ad esempio un Istituto di Credito) che lamenta un mancato pagamento ha il diritto di rivolgersi a un ufficiale giudiziario o a un notaio. A questo punto, una volta consegnato il titolo cambiario non saldato, tali figure si incaricano di contattare il debitore per esigere il pagamento dovuto. Se il protestato dovesse continuare a non pagare, i passaggi successivi potrebbero essere prima il precetto, e poi il pignoramento. Ma come eseguire, in dettaglio, un atto di protesto? La richiesta deve avvenire entro due giorni feriali dalla data di scadenza della cambiale, ma il debitore ha facoltà di tutelarsi inserendo sulla cambiale una clausola specifica “senza protesto”.
Richiedere un protesto: quali sono i termini?
Per prima cosa è bene premettere che i termini del protesto non sono sempre uguali, bensì variano in base al titolo di credito in oggetto. Per un protesto cambiale, ad esempio, se la scadenza è a vista (la cambiale non riporta la data di scadenza) il termine è entro 12 mesi dall’emissione. In caso, invece, di scadenza determinata, occorre procedere entro uno o due giorni feriali dalla data di scadenza. Il termine per quanto riguarda gli assegni circolari arriva a 30 giorni dall’emissione mentre, parlando di protesto assegno bancario, la richiesta dovrà essere effettuata entro 8 giorni, in caso di assegno pagabile nello stesso Comune di emissione, e entro 15 giorni in caso di assegno pagabile in un Comune differente. Quasi sempre, il protesto va segnato sulla cambiale in questione, in alcuni casi però si potrebbe anche optare per la redazione di un documento a parte contenente una serie di dati: data, nome richiedente, oggetto della contesa, città di redazione del protesto, motivazioni e risposta del non-pagante e firma del notaio. Qualora il creditore si trovasse nella delicata situazione di dover inviare un protesto allo stesso debitore, nella stessa città, ma per più mancati pagamenti, c’è la possibilità di redigere un documento unico senza problemi.
Assegno o cambiale in protesto che succede?
Dopo che una persona si vede recapitare un protesto, diventando così a tutti gli effetti un protestato, viene inserito subito nel registro informatico dei Protesti. L’inserimento in questa lista comporta come conseguenza il vedersi rifiutare in futuro, da banche e istituti di credito, l’erogazione di eventuali prestiti personali. Tale atto pubblico formale viene, infatti, trasmesso al Presidente della Camera di Commercio competente per il territorio, che dovrà provvedere alla pubblicazione nell’Elenco Ufficiale dei Protesti entro i 10 giorni successivi. Questo elenco, che è pubblico, viene aggiornato ogni mese per tutelare chi ha, o intende avere, dei rapporti economici con il protestato. Si consideri poi che tale atto pubblico formale, e il conseguente inserimento nell’Elenco Ufficiale, comporta l’azione di regresso e, quindi, l’interruzione della prescrizione del debito. Vedremo ora che cosa si può fare, dopo che va un assegno o una cambiale in protesto, per rimediare la situazione.
Come cancellare un protesto cambiario
Abbiamo appena visto quali sono le conseguenze negative derivanti dal ricevere un protesto. Per rimediare a questa situazione esistono diverse possibilità, che differiscono anche a seconda che si parli di assegno o cambiale in protesto. Il consiglio in questi casi è, comunque, sempre quello di agire con la massima tempestività per evitare conseguenze peggiori. In caso di protesto assegno, l’interessato avrà infatti solo 60 giorni di tempo per procedere al pagamento della somma e della relativa penale. Se non si procede al pagamento entro tale termine, l’Ufficiale Giudiziario che ha effettuato tale atto pubblico formale sarà tenuto a comunicare alla Prefettura competente sul territorio il nominativo del soggetto. Ecco, quindi, che esiste il rischio da non sottovalutare di vedersi comminare una sanzione monetaria dalla Prefettura, per non parlare del fatto che il debitore verrà segnalato alla Banca d’Italia per l’inserimento nella CAI, ovvero la Centrale di Allarme Interbancaria.
Chi viene inserito in questa lista non potrà emettere assegni per i sei mesi successivi, meglio quindi essere consapevoli dei rischi per correre ai rimedi il prima possibile. Dopo aver effettuato il pagamento, la cancellazione del protesto non avviene subito e sarà, quindi, opportuno, presentare un’istanza di riabilitazione presso il Presidente del Tribunale della propria provincia di residenza. Solo a questo punto, una volta trascorsi 12 mesi, si può presentare un’istanza all’Ufficio Protesti per richiedere la definitiva cancellazione dal registro. Con le cambiali, invece, il debitore ha 12 mesi di tempo per procedere al pagamento e presentare un’istanza all’Ufficio Protesti della Camera di Commercio per chiedere la cancellazione dall’Elenco ufficiale. Chi non dovesse pagare entro 12 mesi, potrà ottenere la cancellazione dal registro solo dopo aver ottenuto la riabilitazione. Molti, a questo punto, si chiedono: “dopo 5 anni dal protesto posso richiedere un prestito”? La risposta è affermativa sia per le cambiali che per gli assegni, in quanto dopo 5 anni dal termine, l’atto pubblico formale verrà cancellato in modo automatico.
Protesto e processo di riabilitazione: come funziona
Abbiamo appena visto dopo 5 anni dal protesto cosa succede, ovvero che viene cancellato automaticamente. Esiste però un modo più veloce per cancellare in modo definitivo dal registro informatico il protesto: la riabilitazione. Tale procedimento prevede che si presenti un ricorso presso il tribunale ordinario della provincia di residenza, che deve contenere tutti i dati anagrafici del richiedente, l’originale del titolo protestato, la quietanza liberatoria del creditore attestante il pagamento e la visura camerale per dimostrare che non vi siano altri protesti in corso. Presentati tutti questi documenti, entro 20 giorni il Presidente del Tribunale deve decidere se accogliere l’istanza di riabilitazione. In caso affermativo, il Presidente è incaricato di presentare un decreto di riabilitazione che autorizzi la Camera di Commercio a cancellare il richiedente dal registro. Infine, una volta ottenuta la riabilitazione, è il soggetto protestato richiedente la cancellazione definitiva che deve depositare una copia autentica presso l’ufficio protesti della Camera di Commercio. Se, invece, l’istanza di riabilitazione non dovesse essere accolta, il richiedente ha ancora la possibilità di fare ricorso alla Corte d’Appello entro 10 giorni.