Cessione del quinto in caso di morte

Cessione del quinto in caso di morte

La cessione del quinto è una forma specifica di prestito personale richiedibile per sostenere spese di un certo ammontare, solo da parte di lavoratori dipendenti o pensionati, ovvero da parte di coloro che dispongono di un’entrata fissa e continuativa, grazie a un contratto di lavoro o alla pensione riconosciuta dall’INPS o da altro Istituto di Previdenza. Questo perché tale finanziamento, che non potrà essere superiore il quinto dello stipendio o della pensione, consiste nella trattenuta mensile della rata, da rimborsare all’istituto di credito, direttamente dallo stipendio o dalla pensione del richiedente del prestito.

In tal senso, quindi, il cliente non dovrà occuparsi in prima persona del versamento della quota stabilita dal piano di ammortamento, ma sarà il datore di lavoro o l’ente pensionistico a prendersi personalmente tale incarico. Questo, infatti, procederà con lo scalare l’importo della rata direttamente dallo stipendio o dalla pensione del titolare del finanziamento, secondo le scadenze indicate nel piano di ammortamento.

Cosa accade, però, nel caso in cui quest’ultimo dovesse morire? Quali condizioni sono previste? Chi interviene nei pagamenti delle rate future?

Si tratta di un’evenienza che, anche se estrema, potrebbe accadere. In questo caso, diversamente da come si possa pensare, se si rispettano i presupposti previsti dal contratto di prestito, il debito verrà rimborsato tramite la polizza assicurativa, la cui sottoscrizione è obbligatoria in fase di definizione iniziale del prestito.

In caso di morte chi paga la cessione del quinto? La polizza assicurativa

Tra le varie situazioni che un istituto di credito o una banca tiene in considerazione, nel momento in cui stipula un contratto di prestito con cessione del quinto, è il decesso del richiedente. Si tratta di una condizione estrema che potrebbe però accadere in qualsiasi momento, data l’imprevedibilità della vita. Per tale ragione, al fine di erogare in piena sicurezza il finanziamento, l’ente creditizio, al momento della firma, prevede, per colui che ha presentato domanda, la sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita.

Questa è obbligatoria per legge e consiste in un contratto a capitale decrescente; significa, cioè, che in occasione della sua sottoscrizione il richiedente dovrà versare totalmente l’importo del premio e che il capitale a lui riconosciuto diminuirà progressivamente con il tempo. Si tratta di una soluzione molto utile, che aiuta la banca a preservarsi da possibili insolvenze.

Cosa accade, quindi, con la cessione del quinto in caso di morte del debitore principale?

Questa è una domanda che molti si chiedono e che è lecito porsi, la cui risposta, comunque, è piuttosto semplice. Nell’evenienza in cui, infatti, il titolare del prestito dovesse decedere a rimborsare l’ammontare rimasto insoluto sarà la compagnia assicurativa in cui è stata sottoscritta la polizza. La stessa Compagnia di Assicurazioni si surrogherà il credito, il quale potrà essere richiesto direttamente agli eredi, laddove gli stessi non abbiano rinunciato all’eredità.

Quest’ultima, infatti, ha la principale funzionalità di tutelare l’Istituto di Credito da possibili inconvenienti, come ad esempio la morte improvvisa o il decesso di una persona anziana. Gli eredi saranno chiamati a rimborsare il debito alla Compagnia di Assicurazioni solo se non avranno rinunciato all’eredità.

In questo modo, quindi, l’istituto di credito potrà comunque vedersi risarcire il debito restante, non solo in caso di decesso di un lavoratore, ma anche nell’eventualità di una cessione del quinto per morte pensionato.

Con una cessione del quinto INPS in caso di morte, infatti, è sempre la compagnia assicurativa che si impegna a risarcire la somma di denaro restante alla banca in cui è stato richiesto il prestito, sempre se la causa della morte rientra tra quelle previste nel contratto stipulato e sempre laddove la morte non sia legata a patologie preesistenti e non dichiarate al momento della sottoscrizione della polizza.

Che cosa significa? Approfondiamo l’argomento nel prossimo paragrafo.

Cessione del quinto in caso di morte: quando non si può ritenere valida la copertura assicurativa

Come visto fino a qui, nel momento in cui si stipula un contratto di prestito con cessione del quinto, per legge, è obbligatoria anche la sottoscrizione di una polizza assicurativa che, in caso di lavoratori dipendenti, può essere legata alla copertura del rischio impiego, per perdita del lavoro prima della data di fine del finanziamento, e al rischio vita, nell’eventualità in cui il contraente muoia prima del termine del prestito; per i pensionati, invece, sarà prevista solo quest’ultima.

Grazie a tale copertura, quindi, in caso di morte il debito non ricade sugli eredi in prima istanza, ma sulla Compagnia di Assicurazioni, che sarà chiamata dall’Istituto di Credito a restituire l’importo insoluto. Questo, però, a patto che le cause del decesso non rientrino tra quelle esclude dal contratto di finanziamento stipulato.

Cosa significa?

Quando si sottoscrive un contratto di prestito con cessione del quinto, in caso di morte sono previste alcune condizioni di esclusione: laddove il decesso rientri in tali casistiche il debito non verrà risarcito con la polizza stipulata.

Quali sono i casi di esclusione della copertura da parte delle Compagnie di Assicurazioni? Se la morte del titolare del prestito è dovuta ad un comportamento doloso, ovvero cosciente ed intenzionale; in caso di suicidio del contraente, se questo avviene nei 24 mesi successivi alla data in cui è stata sottoscritta la polizza assicurativa sulla vita; e, infine, se il decesso è dovuto a condizioni di salute gravi già previste in fase di firma del contratto di finanziamento, ma non dichiarate.

Al momento della stesura della polizza, infatti, in riferimento a quest’ultimo aspetto, la compagnia assicurativa chiede al contraente un’autocertificazione in cui devono essere esplicitati tutti i dati anagrafici e le relative informazioni sulle proprie condizioni di salute. Se in tale circostanza, quindi, il soggetto richiedente è affetto da patologie di gravi entità e ci sono diversi elementi di rischio clinico, la compagnia assicurativa può anche non procedere alla copertura assicurativa, ovvero può richiedere un parere medico.

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